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OGGI È UN BEL GIORNO di Antonio Roma.

08-02-2019 - SPETTACOLI
Ven
08
Feb 2019
orario: venerdì 8 febbraio - ore 21,00

Antonio Roma, scrittore, autore e attore teatrale, porta in scena il primo capitolo del suo Oggi è un bel giorno, quello più intimo.
Indossando i panni del protagonista del suo testo - lo scrittore non ancora trentenne Ante a cui la vita ha tolto da poco anche il padre, il solo rimastogli dopo le morti della madre e del fratello Andrej durante la guerra - porta lo spettatore a interrogarsi se sia possibile rimarginare le ferite di una guerra e ricucire il tessuto lacerato delle relazioni umane.

Trama

Oggi è un bel giorno è la storia di Ante, scrittore non ancora trentenne che abita la Sarajevo di oggi e a cui la vita ha tolto da poco anche il padre, il solo rimastogli dopo le morti della madre e del fratello Andrej durante la guerra nella ex Jugoslavia e l’assedio di Sarajevo.
Ante è un bambino di pochi anni di vita negli anni Novanta. Gli anni del macello balcanico. Ante è un bambino nella Jugoslavia della guerra, del genocidio, dello stupro etnico. La Jugoslavia di Vukovar e di Srebrenica.
E abita la Sarajevo assediata: l’orrore quotidiano, dal 4 aprile 1992. La città di Sarajevo, capitale multietnica e multi religiosa della Bosnia ed Erzegovina, ricca di storia antica e famosa in quella moderna, almeno per il fatale attentato del 28 giugno 1914 in cui morì l’Arciduca Ferdinando erede al trono imperiale austro-ungarico, fu sottoposta a un assedio di inimmaginabile durezza, crudeltà e lunga indifferenza (da parte del resto del mondo, o quasi) per 1300 giorni: bilancio finale dodicimila morti.
È passato un ventennio, un po’ più, un po’ meno, e pochi se ne ricordano.
Sarajevo e la Bosnia sono state bene o male sistemate dagli accordi di Dayton e Parigi (novembre- dicembre 1995) e sono tornate ad essere punti geografici dei Balcani di cui non importa più nulla, invischiati come sono, sui due lati dell’Atlantico, in un’altra storia di massacri in cui si ripetono le solite antinomie: cristiani e musulmani, due civiltà, due culture, due eredità imperiali antiche di secoli, un Bene e un Male vicendevolmente impegnati a eliminarsi.
È passato un ventennio, un po’ più, un po’ meno, e pochi se ne ricordano.
Ante è un uomo e uno scrittore costretto a scegliere tra abbandono e speranza, tra fuga e resistenza, costretto a convivere con molte assenze feroci e sopportare quegli strappi. Portare insieme il bisogno di verità e di giustizia dà un senso al dolore?
Che futuro tocca a uomini, come Ante, e donne il cui quotidiano è un continuo confronto con l’insostenibilità di una vita privata di dignità e di giustizia.


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